Le Bestie di Satana
Le Bestie di Satana

Le Bestie di Satana

La follia nel nome del Diavolo

24 gennaio 2004
Siamo a Somma Lombarda in provincia di Varese.
È un gelido sabato mattina. Nei pressi di alcuni capannoni industriali, chiusi per il fine settimana, un vicino allerta i carabinieri dopo aver notato un giovane in evidente stato confusionale, sicuramente sotto effetto di droghe. I carabinieri appena giunti si avvicinarono al giovane constatando immediatamente che non fosse in sé. Urlava, imprecava, delirava. I militari cercarono di calmarlo, e dopo qualche istante, riuscirono a farsi dire chi era e cosa era successo. Dichiarò che lui, Andrea Volpe, e la sua ragazza, Elisabetta Ballarin, erano stati aggrediti da un gruppo di balordi mentre erano appartati in auto, ma i carabinieri si resero subito conto che in realtà i due avevano avuto un incidente, sicuramente causato dall’assunzione di qualche droga. Non una ma due auto erano coinvolte, la prima probabilmente guidata dal ragazzo, l’altra in cui era seduta una ragazza, in condizioni pietose, confusa, che ripeteva frasi incomprensibili. Furono entrambi portati in ospedale.
Per capire meglio quello che era successo quella mattina, i carabinieri, una volta che la ragazza si fu ripresa, la interrogarono, e le prime parole che disse, furono terribili:
“abbiamo fatto una cosa brutta, abbiamo ammazzato Mariangela.”


Chi era Mariangela?


Non ci volle molto per capirlo, una delle due auto dell’incidente era intestata ad una certa Mariangela Pezzotta. Ma dov’era?
Appurato che Andrea Volpe soggiornava in una baita in mezzo al bosco in località Golasecca, i militari fecero un sopralluogo sul posto. Qui trovarono una casa in condizioni disastrose, il salotto sottosopra, sul tavolo resti di una cena, posate e piatti a terra, sembrava un campo di battaglia, fu evidente che doveva esserci stata una colluttazione. E poi si vedevano evidenti macchie di sangue a terra e sul lavandino in cucina. Furono trovate anche due pistole e fu a quel punto evidente che Elisabetta non delirava al suo risveglio, qualcosa di veramente terribile era successo in quello chalet. Ma allora, Mariangela, dov’era?
Proseguendo le ricerche all’esterno notano segni di trascinamento che partono dalla casa e portano all’interno di una specie di serra, ed è lì che trovano Mariangela. Trovano un telo di plastica imbrattato di sangue, e poi un carabiniere notò qualcosa a terra. Dal terreno emrgevano le punte di due scarpe semisepolte. Lì cominciarono a scavare, e Mariangela apparse ai loro occhi, Morta, con il viso irriconoscibile, deturpato.
Ma chi era e cosa legava Mariangela a Andrea e Elisabetta?
Mariangela Pezzotta era l’ex fidanzata di Andrea, talmente innamorata ed attratta dal ragazzo da non riuscire a separarsene. Secondo il primo racconto di Volpe, quella sera Mariangela si presentò alla porta, entrò, nacque una discussione tra lei e Andrea, il ragazzo in preda delle droghe assunte, impugnò una delle pistole che possedeva per minacciarla di andarsene, ma partì un colpo accidentalmente che colpì mortalmente Mariangela. Nel panico e nella paura delle conseguenze, il ragazzo pensò di sotterarla in quella serra, dopodichè avrebbe deciso con la complicità di Elisabetta di portare l’auto di Mariangela vicino a quei baracconi e farla scivolare nel fosso che costeggia il posto per farla sparire.
Tutto a posto? Non proprio, perchè durante le perquisizioni nello chalet di Volpe, furono trovate cose molto strane, troppo strane. Talmente strane che indussero gli inquirenti ad andare oltre la confessione di Volpe, convinti che non tutto era così chiaro nella storia. Ma cosa c’era di così strano in quello chalet?
Innanzitutto furono trovati disegni inquietanti raffiguranti immagini di demoni, una testa di caprone, tipico feticcio del culto satanista, e soprattutto una strana valigetta nera in pelle in cui, al suo interno, fuorono trovati resti di capelli, unghie ed un quaderno. Gli appunti di quel quaderno raccontano di deliri, la parola più ricorrente di quei racconti è sangue. Da lì il sospetto che ci fosse qualcosa di diverso, di più grosso in quel delitto, e non un semplice incidente.
Interrogato di nuovo e messo alle strette, Volpe, alla fine crollò.


I racconti di Andrea Volpe


Andrea Volpe ricevette l’ordine da un amico, Nicola Sapone di assassinare Mariangela Pezzotta, ex-ragazza di Volpe, in quanto conosceva troppi dettagli sulla scomparsa di Fabio Tollis e Chiara Marino, due ex membri del gruppo dei quali si erano perse le tracce nel gennaio del 1998. Con il pretesto di una videocassetta da farsi restituire, Volpe invitò a cena la Pezzotta nella baita di Golasecca. Mentre Elisabetta Ballarin, la sua nuova fidanzata, era in cucina a preparare due dosi di speedball, egli, dopo una violenta discussione con la sua ex compagna, le sparò due colpi al volto, senza però ucciderla. Volpe e la Ballarin, in condizioni alterate a causa delle droghe assunte, chiamarono in aiuto Sapone, il quale finì l’agonizzante vittima a colpi di badile nella serra antistante lo chalet e, subito dopo, tornò a casa propria a Dairago, presso Legnano. Prima di andarsene, ordinò di lavare via ogni traccia di sangue, di seppellire la Pezzotta nel giardino e di spingere nel fiume la sua automobile.
Vennero fuori tre nomi, Nicola Sapone, Fabio Tollis e Chiara Marino. A questo punto le indagini si ingigantirono.


Nicola Sapone


Nicola Sapone, idraulico e incensurato, di origine calabrese, ma da anni residente a Dairago, risultò il co-fondatore, assieme a tale Paolo Leoni, della famigerata setta “Le Bestie di Satana”. Il gruppo si ispirava al cosiddetto satanismo acido, anche se la vocazione satanista era alquanto confusa, limitandosi allo sfoggio di simboli esoterici quali pentacoli, croci rovesciate e il numero 666, numero che nell’Apocalisse di Giovanni, viene usato per indicare Satana. Nata nella seconda metà degli anni novanta, la setta era più che altro dedita all’uso di sostanze stupefacenti, come ammesso anche dagli stessi membri nel corso dei processi. Alcuni membri della setta erano noti nel circondario come spacciatori di droghe. I luoghi abituali di ritrovo della setta erano il parco Sempione e la fiera di Sinigallia a Milano. Il clima di esaltazione dovuto alle droghe e la connotazione simil-satanica del luogo facevano sì che le pratiche degli aderenti alla setta fossero delle “prove di coraggio” che venivano eseguite a cuor leggero a causa dello stordimento (come durante i riti d’affiliazione) oppure, in un ambito che era più o meno consapevolmente nichilista, le sedute consistevano nell’infliggere dolore fisico.


Fabio Tollis


Componente della setta, il sedicenne Fabio Tollis si era reso conto della piega che stava prendendo la setta e manifestò l’intenzione di andarsene, cosicché il gruppo decise di eliminare anche lui. Tollis, il membro più giovane della setta, era cantante e bassista di un gruppo chiamato Infliction; si unì alla setta soprattutto in virtù dell’interesse per l’heavy metal e aveva più volte lasciato intendere di non prendere sul serio i rituali satanici.


Chiara Marino


La diciannovenne Chiara Marino, amica di Paolo Leoni, era innamorata di lui ed era l’unica ragazza stabilmente affiliata al gruppo, mentre altre giovani si allontanarono in quanto turbate dai rituali, dalle violenze e dalle minacce subite. Una ex-fidanzata di Leoni, amica della Marino, dichiarò che in diverse occasioni Leoni l’aveva aggredita e percossa, ferendola al collo, e aveva descritto il giovane come una persona esaltata, pericolosa e del tutto inaffidabile.
Nel gennaio 1998 il gruppo decise di uccidere i due giovani, attirarono i due ragazzi in una trappola, conducendoli nottetempo nei boschi di Mezzana Superiore, dove li aspettava una fossa profonda quasi due metri, scavata giorni prima. Una volta giunti sul luogo, la Marino venne uccisa a pugnalate da Sapone, mentre Volpe ed un altro membro, Mario Maccione, si avventarono sul Tollis che, forte della sua prestanza fisica, tentò invano di difendere l’amica. Tollis venne sopraffatto a coltellate da Maccione e poi colpito ripetutamente sul capo con una mazzetta da muratore. Sapone gli infilò in bocca un riccio di castagno per soffocare le sue urla e gli inflisse una coltellata alla gola. Al termine le due vittime vennero gettate nella fossa.
Nei racconti di Volpe emersero altri nomi, altri membri della setta e sospetti di altri omicidi, ma non comprovabili.


Mario Maccione


Membro della setta, dichiarò agli altri membri che la Marino «incarnava la Madonna», generando ulteriori ritorsioni contro di lei. Ciò provocò nella ragazza un trauma psicologico e l’intenzione di uscire dalla setta. A seguito di questo, gli altri, una volta che ne furono al corrente, decisero di ucciderla. Sapevano inoltre che la giovane aveva da parte circa 110 milioni di lire (circa 55 000 euro), avuti come risarcimento in seguito a un incidente stradale in cui era rimasta coinvolta, e verosimilmente puntavano a impadronirsene. Nel primo tentativo Sapone e gli altri la stordirono con una dose di tranquillanti, la portarono in un posto frequentato da tossicodipendenti per drogarla e simulare una morte per overdose di eroina ma l’arrivo di una volante li fece desistere e scappare.


Pietro Guerrieri


Membro della setta, mise a disposizione la sua auto per il primo tentativo di uccidere Tollis e Marino dandole fuoco con loro a bordo, ma qualcosa andò storto. La sera dell’omicidio riuscito, doveva fare il palo, ma non ebbe il coraggio e non si presentò.


Andrea Bontade


Andrea Bontade, colpevole di non essersi presentato la sera dell’omicidio di Tollis e della Marino, fu vittima di vari tentativi degli altri membri di stordirlo con un cocktail a base di droghe pesanti con lo scopo di indurlo al suicidio. Infine, una sera gli intimarono: «Se non lo fai tu lo facciamo noi». Il 21 settembre 1998 Bontade, al termine di una serata trascorsa in un locale con gli altri membri, durante la quale aveva bevuto parecchi alcolici e assunto stupefacenti, prese la sua auto e si schiantò contro un muro ad alta velocità, morendo sul colpo.


Altre morti sospette girarono intorno alla setta, ma non furono trovate sufficienti prove per incriminazioni.
Christian Frigerio, ex membro,23 anni, operaio edile di Brugherio scomparso il 14 novembre 1996 e mai ritrovato
Andrea Ballarin, 21 anni, trovato impiccato nella scuola di Somma Lombardo che aveva frequentato, il 7 maggio 1999
Angelo Lombardo, 28 anni, custode del cimitero di Legnano, venne trovato carbonizzato nello stesso il 14 dicembre 1999
Doriano Molla, 26 anni, trovato impiccato nei boschi di Cavaria con Premezzo il 27 dicembre 2000
Luca Colombo, 21 anni, lavorava anche lui nel cimitero di Legnano come fioraio, venne trovato impiccato nella sua casa di Legnano (vicino al corpo un biglietto recitava “sono perseguitato”) il 5 maggio 2004
Alberto Scaramuzzino, 18 anni, falegname di Dairago, trovato carbonizzato nella sua macchina ad Arconate il 23 maggio 2004
Antonio Grasta, non legato alla setta ma conoscente di alcuni componenti, venne trovato cadavere nei boschi di Lonate Pozzolo il 13 ottobre 2000.


Condanne


Per gli omicidi di Chiara Marino, Fabio Tollis e Mariangela Pezzotta, il 31 gennaio 2006 la Corte d’assise di Busto Arsizio condannò Nicola Sapone a due ergastoli e all’isolamento diurno per tre anni; Paolo Leoni e Marco Zampollo a 26 anni, Elisabetta Ballarin (nonostante non facesse parte del gruppo, non fosse a conoscenza degli altri omicidi e fosse stata solo testimone, sotto effetto di stupefacenti, dell’omicidio di Mariangela) a 24 anni e tre mesi ed Eros Monterosso a 24 anni.
Nel giugno 2006, la Corte d’Assise d’Appello di Milano ridusse la pena per Andrea Volpe (già condannato in primo grado a 30 anni per gli omicidi commessi alla guida della setta) a 20 anni di carcere, e a 12 anni e 8 mesi la pena di Pietro Guerrieri, in precedenza condannato a 16 anni.
Il 15 maggio 2007 la Corte d’Assise d’Appello di Milano condannò Nicola Sapone a un doppio ergastolo e isolamento diurno per 18 mesi; Paolo Leoni all’ergastolo e isolamento diurno per 9 mesi; Elisabetta Ballarin a 23 anni di carcere; Eros Monterosso a 27 anni e 3 mesi e Marco Zampollo a 29 anni e 3 mesi. Andrea Volpe a 20 anni per aver collaborato con la giustizia alla risoluzione del caso.
Il 25 ottobre 2007 la Corte di Cassazione confermò le condanne. Il 9 novembre 2007 la Corte d’Assise d’Appello di Brescia condannò a 19 anni e mezzo Mario Maccione, all’epoca dei fatti contestati minorenne, inasprendo la precedente condanna a 16 anni di reclusione.